Continua ad essere Augusta (teatro negli anni Ottanta del fenomeno dei bambini nati malformati) la città più inquinata della Sicilia. Su 74 tra impianti e industrie classificate Rir (rischio incidente rilevante), tredici dei sedici della provincia di Siracusa si trovano proprio ad Augusta. Quattordici sono nel Catanese, dodici nel Ragusano, undici a Palermo e sei a Caltanissetta. La Sicilia orientale è dunque un territorio ad altissimo rischio ambientale e nocivo per la salute, in particolare lo è il quadrilatero Augusta-Melilli-Priolo-Siracusa. dichiarato pericoloso già dal 1990. Nel 2003 uno studio accertò che il mercurio era presente nel cielo di Augusta in dosi 22 volte superiori al limite massimo ed era presente nei capelli delle donne in percentuali ben superiori che in quelle della vicina Catania. La forte contaminazione da mercurio ad Augusta è stata dovuta da illeciti smaltimenti delle industrie. Dopo la dispersione dall’impianto di cloro-soda dell’Enichem, oggi Syndial, l’industria risarcì, senza nemmeno essere obbligata, le famiglie con undici milioni di euro.
Ma responsabile della mutazione dei cromosomi è soprattutto il benzene che negli anni 2009-2010 fu rilevato ad Augusta in una misura del 300 ng/m3, significativamente abnorme ancorché manchi un limite fissato per decreto: cosa che ha indotto Cinquestelle ad affermare che le sostanze inquinanti riconosciute oggi sono solo quelle derivanti dagli scarichi automobilistici, come se le industrie del petrolchimico non esistessero nemmeno. In mancanza di un limite predeterminato non si può nemmeno stabilire se la percentuale di 1 ng/ms rilevata a Priolo e Scala Greca a Siracusa nel 2010 sia o no superiore alla media italiana.
Nemmeno le industrie (tutte le industrie: Esso, Isab impianti sud, Isab impianti nord, Isab Energy…) dispongono di rilevatori per controllare il tasso di emissione del micidiale acido solfidrico. Sappiamo che vengono immesse nell’aria biossido di zolfo, benzene, mercurio, ossido di carbonio, polveri sottili e pesanti, arsenico, cadmio, niche, ma non sappiamo in che esatte quantità. Il Piano regionale per l’aria è quello finito sotto inchiesta perché nel 2007 Legambiente scoprì che era stato copiato da quello del Veneto. Ci rise pure “Striscia la notizia”, dopodiché l’assessore del tempo eliminò le parti copiate e rese vigente il resto: che era sempre quello del Veneto, il cui Piano era stato anni prima bocciato dalla Comunità europea. Che naturalmente ha aperto una procedura d’infrazione.