Il figlio di Totò Riina non può vendere gadget sul padre e sul proprio cognome, la figlia non può intestare un ristorante. Motivo, i peccati e i reati dei genitori ricadono sui discendenti sia che essi se ne affranchino che ne raccolgano l’eredità. Ma tutti i negozi possono esporre e vendere magliette, souvenir e oggetti ispirati al capo dei capi e a Cosa nostra, gli enti pubblici possono istituire musei della mafia, gli scrittori scrivere i romanzi che vogliono e i registi girare film a piacimento, senza che ciò significhi apologia, compiacimento e diffusione della malapianta. Non solo. Vespa non può intervistare Salvuccio Riina perché altrimenti Saviano va da Fazio e spiega che il figlio del capo della Cupola ha inteso lanciare messaggi alla Piovra (e lo fa in televisione?), ma lui può intervistare su Nove Tv un boss camorrista per un’ora e mezza elogiandone lo stato di pentito e dimenticando i reati commessi. C’è molta ipocrisia nell’atteggiamento da assumere quando si tratta di definire il male e il bene. Che cambia secondo l’opinione del più forte. Esattamente come fa la mafia.