Giuseppe Casa
Scrittore, nato a Licata e residente a Roma. Ha pubblicato numerosi romanzi, l’ultimo dei quali nel 2017 “Io non sono mai stato qui”.
Ho sentito spesso i Licatesi lamentarsi che la loro città difficilmente può competere con Rimini e Riccione. Gli abitanti sono obbligati a vivere davanti a un paesaggio affascinante. Alcuni hanno superato questa prova coprendolo di costruzioni bruttissime. Ci sono dei momenti che il cuore chiede proprio luoghi senza poesia, luoghi senza anima e senza risorse. Licata è uno di questi. Ma allora qual è la seduzione di questa città?
La storia di Licata comincia con i Greci. Phintias la fondò nel 280 a.C. a occidente del monte Eknomos e le diede il nome. Dopo i Greci, Romani, Arabi, Normanni, Spagnoli e Americani, si sono susseguiti a fare di questo luogo terra di conquista. A Licata innanzitutto si può fare affidamento sul sole praticamente per tutto l’anno. Il caldo è perenne. Anche se l’acqua del mare, essendo il Mediterraneo aperto alle correnti che arrivano dall’Atlantico, è sempre fredda. E i turisti “civilizzati”, si sa, non amano l’acqua fredda d’estate. Da qui la fuga verso acque più “riscaldate”.
Ma durante l’estate la città è sovraffollata, anche senza turisti, da una popolazione di gente che puntualmente torna da “fuori”, fondamentalmente da luoghi dove risiedono per lavorare, come Milano, Vercelli, Torino, Novara, Como.
Centro cittadino
Il traffico di una mattina estiva somiglia a una Bombay piena di vigili urbani che fischiano senza ottenere soddisfazioni. Il centro della città, come accade spesso è anche la zona dei negozi. Seguendo la strada puoi guardare le vetrine e a un certo punto si arriva davanti ad un palazzo anonimo, il quale ospita il “Teatro Re”, tutto in legno, del ‘800, credo, da fare invidia a tanti teatri famosi della Capitale. Questo teatro purtroppo è chiuso, andavo alle medie quand’era ancora aperto.
Proseguendo per il centro, si fa un percorso quasi obbligato. Si arriva al porto di Licata, sovrastato, dicono, da uno dei fari più alti d’Italia (il terzo). Il porto nel corso degli anni ha subito parecchie trasformazioni, non sempre in meglio.
Passeggiando per il porto si arriva al vecchio molo, dove il mare si fa paludoso, e c’è un cimitero di barche. Accanto al porto, c’è uno dei quartieri più antichi, detto, a Marina, che è il vero centro storico di Licata. Merita di essere scoperto a poco a poco, aggirandosi per la fitta rete di stradine, ormai spopolate e semiabbandonate per il grado di decadenza e la mancanza d’interventi. Ma basta un colpo d’occhio per rendersi conto della bellezza di alcuni palazzi ottocenteschi, costruiti con pietra di tufo locale; portali e balconi del miglior barocco siciliano. La storia de a Marina si può leggere in libri pubblicati da editori locali, in edizioni economiche, facilmente reperibili nelle edicole del centro.
Religione
Sulla banchina dove la mattina fanno il mercato del pesce. Davanti a uno spiazzo enorme quest’anno c’è un tendone tutto bianco, che una sera a primo impatto ho scambiato per un concerto rock, nella melodia sentivo qualcosa dei Jethro Tall; c’erano la batteria, la chitarra elettrica, pifferi e coro di voci bianche e una gran folla di gente. Solo avvicinandomi, spinto dalla curiosità mi sono reso conto che il cantante solista, ripeteva troppo spesso la parola, “Signore grazie”. Si tratta del tendone della “Chiesa Evangelica Itinerante”.
Quello che posso dire è che i fedeli cantavano con una passione e una commozione che raramente ho visto dentro a una chiesa. Ma il mio giudizio non conta, in chiesa entro raramente, e non per pregare.
Monumenti
La città ha quel che le spetta quanto a Militi Ignoti, Sottotenenti di Vascelli e Ufficiali Regi dell’esercito, Baroni e Benefattori locali. In uno dei vecchi palazzi del centro c’è anche una targa di marmo dove si afferma che in una notte di fine Ottocento vi dormirono Nino Bixio e Menotti Garibaldi. (leggende metropolitane insinuano che i due fossero amanti).
Inoltre vanta il primo inventore della “visione a distanza”, Filippo Re Capriata. Non so esattamente di che si tratti. Da ragazzo immaginavo quel tipo d’occhiali ai raggi x che pubblicizzavano su “Grand-Hotel”, mi pare, i quali permettevano di vedere le donne nude, attraverso i vestiti.
Una sfolgorante statua di Padre Pio, in marmo nero, di recente acquisto, fa bella mostra davanti alla chiesetta delle Sette Spade (sec. II). La statua è molto frequentata in qualsiasi ora del giorno e della notte da turisti e locali.
Cinema
A Licata negli anni Settanta, prima che esplodessero le tv commerciali, esistevano cinque cinema a grandi schermi, che durante gli anni Ottanta cominciarono a chiudere fino a che ne rimase aperto solo uno più piccolo, che proiettava solo film porno. Le sale esistono ancora, abbandonate, ma si vocifera che presto ne faranno supermercati.
Letteratura
Licata ha avuto una scrittrice famosa che si chiama Lara Cardella, ha scritto il libro “Io volevo i pantaloni” da cui è stato tratto l’omonimo film. La fama e il successo l’hanno portata lontano. Causò un sacco di problemi e di risse in televisione e persino al Maurizio Costanzo Show.
Costumi
Oggi i costumi sono più permissivi, e la gente è più tollerante nei confronti di chi non condivide il modo di vivere concorde al sistema locale. Froci ed extracomunitari sono tollerati. Una volta ho visto persino un trans, con la massima chiarezza.
Attività commerciali
Tutti i giovedì a Licata c’è la fera. Un gran mercato commerciale (dalle sarde salate ai cappotti di Dolce&Gabbana) che si snoda sulla strada che percorre lo stadio di calcio “Dino Liotta”. La città è incline a misteriose attività di vendita che si evolvono con il passare degli anni, come ad esempio, alcuni negozi che vendono solo portachiavi e gadget dei Simpson.
Non ci sono Sex Shop e call center internazionali come altrove. Ma c’è una concessionaria, con esposizione di Harley Davidson, da fare invidia a un negozio di Manhattan.
Cucina
Sul piano gastronomico Licata non si sente inferiore a nessuno. McDonald’s non ce ne sono. E i turisti tedeschi che arrivano qui non hanno nulla da lamentarsi se non trovano abbastanza ristoranti, la cucina tedesca non arriva nemmeno alla caviglia delle nostre paninoteche e speedy-pizza che trovi in ogni angolo della città.
Trasporti
La stazione ferroviaria ormai è in disuso. Potrebbe più facilmente essere menzionata tra i monumenti, anche per la bellezza del porticato di ferro (sec. XX). Da bambino era il luogo dove andavo per sognare.
Souvenir
A Licata è deprimentemente facile procurarsi souvenir dei Templi d’Agrigento, un piatto di ceramica di Caltagirone o un Trullo d’Alberobello, mentre è più difficile portarsi via qualsiasi cosa che ricordi questa città.
Ville antiche
Licata possiede delle ville Liberty che sono considerate dei veri e propri gioielli. Oggi, purtroppo, sono completamente allo sfacelo. Ma meritano di essere visitate lo stesso. Se un giorno venisse in mente a qualcuno di restaurarle potrebbero essere prese a modello per farne dei souvenir da portare via.
Vita notturna
La vita notturna trascorre prevalentemente in una peregrinazione da un bar all’altro, che d’estate rimangono aperti fino alle due del mattino e anche più tardi. I bar a Licata sono un’istituzione come i pub a Londra. Essi hanno una cosa di caratteristica: alcuni arrivano a vette di popolarità che mantengono per anni e anni, per poi precipitare vertiginosamente in una sola stagione estiva. Personalmente ho assistito più volte a questo fenomeno. I bar popolari e frequentatissimi una volta si ritrovano vuoti, anche se hanno rifatto il lifting, con piante esotiche, piano bar e musica lounge. Mentre altri, poveri in canna, diventano affollatissimi per ragioni che mi riesce difficile spiegare.
Sulle strade non si discute il problema dell’Essere e non ci si preoccupa della via della Perfezione o dei fiori di Bach. Nelle facce dei ragazzi s’intravede sesso, ottimismo e delusione. I ragazzi sono facili agli entusiasmi quanto alla malinconia, che per alcuni è congenita. Molti agiscono per istinto a tutte le manifestazioni vitali, ai “primi amori”, ma ci mettono poco a capire che l’istinto, a volte, può anche sbagliarsi. Questo denota anche una certa intelligenza da parte dei Licatesi.
Giovani
Gli adolescenti sono tutti belli, alti e magri. Le ragazze hanno delle ricette di seduzione prese a prestito dalla televisione, ma sono comunque stupende, un tipo di bellezza mora e prosperosa.
Ma i tempi qui, grazie a Dio, non sono ancora così cinici. Si possono vedere coppie di ragazzi, mano nella mano, passeggiare per il porto, puoi sentirli che si scambiano smancerie, s’inventano doveri reciproci, e sembra tutto naturale. Chi non conosce l’amore felice, può venire a Licata. Ce n’è ancora qualche esempio. Ma sbrigatevi, che anche qui i tempi stanno per cambiare.
Prostituzione
Fin da bambino ho sempre sentito parlare, dai ragazzi più grandi, di una certa “Maria a bianca”, la quale pare ricevesse in casa i clienti, in un quartiere equivoco di Licata, detto San Paolo. Tariffe popolari, all’epoca. Non so se esercita ancora, oggi avrebbe una settantina d’anni.
Spiagge
A Licata ci sono molte spiagge, tutte bellissime, che negli anni hanno avuto alterne fortune con la popolazione locale, in base a cose che tuttora sfuggono a me stesso. Il mare, di giorno, è di un blu oltremare e la sabbia dorata come spighe di grano maturo. Seni nudi non se ne vedono. Ma quello che si vede è fra le meraviglie umane, che offrono un gran numero di variazioni, dalle misure ragguardevoli.
Per finire
Licata d’estate ha una luce particolare, che puoi trovare in molte città del Sud. Questa luce cade dritta giù dal cielo. Le ombre sono più profonde delle ombre degli altri posti. I contorni sono più netti e i colori più vivi. Se ci mettiamo ad osservare un paesaggio a distanza, sembra veramente “una cartolina”, la luce è pura, come credo anche l’aria.
La mattina camminando al porto trovi degli uomini seduti, dalla pelle resa scura dal mare, troppo anziani per “uscire” con le barche. Lavorano a rabberciare le reti, su pescherecci attraccati, fermi, malconci e sbiaditi dall’uso anche loro. Mi piace particolarmente camminare fino alla fine di questo vecchio molo. Davanti a me il cimitero delle barche, ma la città, vista da qui, ha un’aria piccola e aggraziata. Sento le barche e le corde che cigolano contro gli ormeggi. L’acqua è piena di gabbiani che volano in superficie. Altri sono solo sagome, che vedo da lontano, che brillano nel cielo, bianche come colombi bianchi, in cerca, da su, nel loro silenzio, di qualunque cosa possano mangiare, lì fra l’acqua paludosa del mare e il mare, vita e morte, come una cosa naturale.