Undici fari delle coste di Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Toscana torneranno ad illuminarsi con il bando del Demanio dello Stato che apre ai privati. Il modello proposto è quello della “lighthouse accomodation”, diffuso nel mondo britannico e in quello scandinavo, che prevede la trasformazione in strutture ricettive di beni di pregio storico e naturalistico. Il bando auspica un’integrazione tra i settori del turismo, della cultura e dell’arte. Secondo i criteri stabiliti, non sarà consentito nessun intervento invasivo: il recupero avverrà attraverso “buone pratiche” di tutela e conservazione per sviluppare una ‟idea di recupero e rivitalizzazione in grado di fare sistema con le opportunità del territorio e, al tempo stesso, di generare nuovo sviluppo in termini di occupazione, flussi e promozione”. Ciò dovrebbe garantire la “salvaguardia del rapporto percettivo” e favorire “la fruizione pubblico-collettiva tra l’entroterra e il mare”.
Come questo debba avvenire però rimane ancora poco chiaro. I fari diventeranno “strutture idonee ad ospitare un tipo di ricettività particolare, di nicchia, con una gamma di servizi culturali di supporto legati soprattutto alla natura, all’ambiente, al relax, allo sport ed al wellness”. Fuori dalle pieghe del linguaggio burocratico, l’obiettivo è chiaro: fare cassa concedendo per periodi medio-lunghi (dai 6 ai 50 anni) i fari a cordate di privati che li trasformino in resort di lusso.
Due tra quelli compresi nel bando si trovano sulla costa sud-orientale della Sicilia: il Faro di Torre di Murro di Porco (Siracusa) e il Faro di Brucoli (Augusta). Il primo è nella contesissima Penisola della Maddalena, nell’Area Marina Protetta del Plemmirio, sito Sic e Zps, già più volte al centro di polemiche per i tentativi di edificazioni di strutture ricettive, al momento bloccate soprattutto grazie all’attività di monitoraggio delle associazioni ambientaliste. Il secondo si affaccia sul Sic “Fondali di Brucoli-Agnone” che negli ultimi decenni è stato oggetto di ondate di urbanizzazione per le sue qualità naturalistiche. Entrambi incarnano quella vocazione al “turismo verde” che unisce il fascino della natura brulla e selvaggia con la possibilità di praticare sport marini ed escursioni in grotte sommerse e in siti archeologici.
Tra il dire e il fare però ci può essere di mezzo il mare. E mai come in questo caso i flutti possono essere testimoni di una grande opera di riqualificazione o dell’ennesimo scempio del territorio. Ne è convinta la popolazione locale, che sta già organizzando attività di informazione e “resistenza”. L’obiettivo è stimolare un percorso che garantisca che la destinazione pubblica del bene venga non solo auspicata, ma pienamente realizzata. D’altra parte la certezza è che senza i capitali privati gli occhi dei fari saranno destinati a rimanere irrimediabilmente ciechi.
“Il dato ormai ineludibile – conferma il presidente dell’Ordine degli architetti di Siracusa, Lilia Cannarella – è che per rigenerare i nostri territori e ‘riusare’ le nostre città è necessario attivare processi virtuosi anche attraverso il partenariato pubblico-privato, a patto però che ciò avvenga sotto l’attenta regia delle Amministrazioni pubbliche, che dovranno avere chiara la visione strategica dello sviluppo del territorio in un’ottica di area vasta. Nello specifico l’eventuale recupero dei due Fari nella provincia è senz’altro un’occasione per restituire alla fruizione della collettività beni inutilizzati, ma è opportuno pensare non solo alla riqualificazione fisica, ma anche alla valorizzazione del territorio e delle comunità locali in termini di produzione di servizi che creano rete.